Luisa Porrino: “Vietare il velo? Inutile e dannoso”

Luisa Porrino: “Vietare il velo? Inutile e dannoso”

La regista del docufilm “Porto il velo, adoro i Queen”, ospite del Festival delle Generazioni in tour, commenta la sentenza della Corte di Giustizia Ue.

17/03/2017

“Mi ha intristito vedere fino a che punto siamo dovuti arrivare per un motivo tanto delicato. Sicuramente è una questione spinosa, si tratta del diritto di un privato contro il diritto di un altro privato: e alla fine, a prevalere è stato forse il diritto del privato più forte”. Luisa Porrino, regista piemontese ma romana d'adozione, commenta così la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea che ha stabilito che le aziende private possono vietare alle loro dipendenti di indossare indumenti che siano “segni religiosi”, come il velo islamico. “Sono laica, perciò non voglio entrare nel merito. Vero è, però, che viviamo in una società plurale: è inutile e dannoso cancellare le differenze, anche religiose. Perché esistono, e con loro ci confrontiamo quotidianamente. Il rischio, purtroppo, è che si vada ad alimentare una discussione già troppo accesa e violenta”.

L'ultimo lavoro di Luisa Porrino è Porto il velo, adoro i Queen, docufilm che parla di Islam, di diritti, di pregiudizi, di stereotipi, di lavoro, di cittadinanza, di primavere arabe e di sogni. Le protagoniste sono tre donne italiane musulmane: Sumaya Abdel Qader, blogger, prima musulmana eletta Consigliere al Comune di Milano e autrice del libro “Porto il velo, adoro i Queen” (a cui il docufilm si ispira); Takoua Ben Mohamed, romana, autrice di fumetti (il più recente, “Sotto il velo” edito da BeccoGiallo); Batul Hanife, medico psichiatra di Trento. “La prima con cui mi sono messa in contatto è stata Sumaya, per ovvie ragioni – racconta la regista –. Parlare della scelta di portare il velo è stato il primo step, porta d'accesso a una conoscenza più intima. Non ho voluto fermarmi alla situazione delle donne con il velo in Italia, che rappresentano una minoranza: ho esteso lo sguardo ai Paesi a maggioranza musulmana”.



Luisa Porrino, quando parla delle sue 3 protagoniste, le definisce donne felici, libere e serene: “Sono donne brillanti e intelligenti. Non volevo ‘solo' ragazze di seconda generazione, perché tutte hanno una marcia in più. Io cercavo storie ancora più particolari, punti di vista inattesi: volevo proporre modelli positivi forti, che abbattessero i pregiudizi che vogliono le donne musulmane sempre costrette e ignoranti. È vero, nei rapporti tra uomini e donne nelle comunità musulmane possono esserci problemi. Ma non ci sono anche nelle nostre comunità cristiane?”.

L'avventura che ha portato alla realizzazione di questo docufilm è partita nel 2011, con i primi contatti tra Luisa e Sumaya. Le prime riprese, a New York nel 2012, con Sumaya e Batul, “per cominciare a conoscerci e a capire i temi su cui puntare. Poi, sia io sia Sumaya siamo rimaste incinta: per un anno abbiamo rallentato, ne ho approfittato per fare tanta ricerca e tanto studio”. Tra 2014 e 2015 il resto delle riprese: “È stato bello e intenso, ma ci sono stati anche momenti di silenzio, momenti in cui non ci siamo trovate d'accordo su alcuni spunti. E poi c'è stato un momento in cui avrei voluto fermarmi: non vedevo più differenze tra noi, mi sembrava che non ci fosse nulla da raccontare. Avevamo gli stessi problemi, sognavano le stesse cose. Cos'altro c'era da dire? Poi, piano piano, ho trovato la quadra”.

Porrino racconta di essere uscita dal film per lasciare che fossero Sumaya, Batul e Takoua a condurre: “Il mio è un film nuovo – ammette soddisfatta –. Secondo me, le donne musulmane non sono mai state rappresentate così. Di sicuro in Italia, ma forse anche nel mondo. E devo confessare una cosa – continua –. Quando ho scelto di partire, l'ho fatto guidata da uno slancio artistico: la figura della donna musulmana non esisteva nella drammaturgia, non esisteva come personaggio. Ma, quando ho visto il progetto finito, ho capito che è molto di più: è un film contro il razzismo, la misoginia e l'islamofobia”.

“Porto il velo, adoro i Queen” dall'inizio di marzo è in promozione nelle sale italiane. Martedì 28 marzo, la regista sarà una delle protagoniste della tappa romana del Festival delle Generazioni in tour: alle 16, infatti, parteciperà all'incontro Oltre le frontiere: generazioni e culture. “Stiamo facendo il giro d'Italia e andremo avanti sino a maggio – annuncia Porrino –. Molti appuntamenti, poi, sono stati organizzati attraverso la piattaforma Movieday, dove tutti possono organizzare proiezioni nelle loro città. Per noi è una bella soddisfazione. E da settembre saremo poi su iTunes in tutto il mondo”. (Ambra Notari)

Fonte: Redattore Sociale